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La fratellanza, tratto distintivo della Resistenza e del primo Sessantotto

Se ne è parlato nel corso della presentazione, a Luni, del secondo volume di "Un mondo nuovo, una speranza appena nata".

Il libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” ha fatto tappa anche a Luni, dove è stato presentato il secondo Volume, intitolato “Dalla Primavera di Praga all’Autunno Caldo”. Dopo l’introduzione del presidente della Sezione ANPI di Luni Francesco Pietrini, è intervenuto Roberto Centi, poi gli autori e il pubblico presente.

L’iniziativa si è tenuta nell’ambito del programma dedicato all’anniversario del rastrellamento del 29 novembre 1944 ed è stata anche l’occasione per una riflessione sulla storia dell’antifascismo dal dopoguerra ad oggi, tracciata nel libro.

Sul tema è intervenuto Giorgio Pagano: “Dopo i moti del 1960 contro il congresso del MSI a Genova l’antifascismo divenne parte integrante dell’ideologia egemone in Italia. Negli anni Cinquanta, dopo il 1948, l’ideologia dominante era stato l’anticomunismo. Dopo il 1960 La DC continuò ad essere anticomunista, ma la sua grande maggioranza fece la scelta dell’inconciliabilità con il neofascismo, escluse governi con il MSI ed aprì al centrosinistra con il PSI. Si sviluppò, anche a Spezia, una solidarietà intergenerazionale tra i giovani e i partigiani, che diede una nuova linfa ai partiti antifascisti, il PCI e il PSI, ma anche la DC. Le manifestazioni contro il comizio di Caradonna a Spezia nel 1963 furono l’emblema del ‘fronte unito degli antifascisti’, che fu messo in discussione solo con gli sviluppi del Sessantotto".

"Con la sconfitta della rivolta morale del Sessantotto degli inizi - ha proseguito Pagano - venne spezzato il sogno di una generazione che veniva dal 1943-1945. Il fascismo perse la sua fisionomia e diventò una sorta di categoria dello spirito: per l’estremismo ogni dissenso veniva etichettato come fascista. La Resistenza fu concepita solo come lotta rivoluzionaria e di classe, e la democrazia non venne più distinta o quasi dal fascismo. Dall’altro lato prendeva corpo una concezione della Resistenza ‘imbalsamata’, tricolore, unitaria, senza conflitti. Due retoriche speculari che non facilitavano la comprensione del fascismo, e di fatto assolvevano le responsabilità degli italiani, che pure ci furono. Veniva stritolata la Resistenza popolare e civile, la Resistenza delle persone semplici: l’antifascismo che può e deve unire le coscienze degli italiani. Il grande storico Claudio Pavone evidenziò la rottura tra la Resistenza e il Sessantotto di coloro che si definivano ‘nuovi partigiani’, ma anche la profonda vicinanza tra la Resistenza e l’atmosfera aurorale, di lotta morale per la fratellanza, che caratterizzò il primo Sessantotto. La fratellanza è ciò che unisce la Resistenza e la parte vitale del Sessantotto. Sono questi i segni della storia che ci parlano ancora e costituiscono una bussola per il futuro”.

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