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Leonardo, "Le alternative alla vendita ci sono, ma serve un gruppo dirigente disposto a fare investimenti"

 I sindacati ascoltati in commissione consigliare.

Prosegue lo stato di preoccupazione intorno alla questione Leonardo: dopo le prese di posizione di politici, parlamentari, sindacati; la mobilitazione dei lavotarori e un consiglio comunale compatto che vota un mozione unitaria sull'argomento, si è tenta oggi una commissione consigliare per ascoltare i sindacati. Già tre settimane fa, nella stessa sede, erano state invitate a riferire le sigle sindacali, che però, in quel momento, non avevano ancora chiara la situazione. Nemmeno oggi, a conti fatti, si hanno certezze, anche perchè, come riferito in apertura dal presidente della commissione Cenerini "L'azienda non ritiene ancora necessario accogliere l'invito e partecipare alla commissione".

Ad introdurre la discussione di oggi Marco Raffaelli, che, insieme a molti altri commissari, aveva chiesto una nuova commissione sull'argomento che, come detto, non sarà l'ultima, considerato anche, come riferito dai sindacati "E' stato costituito un tavolo permanente sull'argomento, che si riunisce ogni due settimane per guardare da vicino l'evolversi della vicenda".

"Parlo a nome di tutti perchè nel consiglio comunale tre giorni fa abbiamo elaborato un documento unitario che impegna il sindaco ad attivarsi per la salvaguardia piena dei lavoratori. Sono convinto che alle parole devono seguire i fatti, ma l’obiettivo sembra condiviso, tanto che si sono espressi ministri e sottosegretari senza distinzione di colore politico", ha spiegato Raffaelli.

Per i sindacati erano presenti Graziano Leonardi e Riccardo Bronzi (Uil), Maurizio Rrufrano (Cisl) e Mattia Tivegna (Cgil).

"Sostanzialmente, erano uscite le notizie che Leonardo volesse vendere le quattro società della difesa. Fincantieri si era fatta avanti, nel frattempo noi sindacati e lavoratori siamo entrati in ballo; nei giorni scorsi poi è arrivata l’ipotesi della cordata franco-tedesca specializzati in armamenti terrestri- ha spiegato Leonardi ripercorrendo la vicenda dall'inizio- La nostra paura è che si scorpori navale e terrestre, ma in generale non ci va bene la vendita all’estero. Ci siamo mossi attraverso la politica, avendo la fortuna di avere ministri, sottosegretari e parlamentari legati al nostro territorio. Il messaggio è chiaro: tutti d’accordo sul dire no alla vendita a gruppi stranieri e no allo spacchettamento. La novità di oggi è che Leonardo ha dichiarato che non c’è ragionamento di vendita, quanto piuttosto l'interesse a creare una joint venture.

Noi non siamo al tavolo della partita, che riguarda un livello superiore, quindi prendiamo per buono quello che ci viene detto dal responsabile del personale, ma fino a che tutto questo non viene ufficializzato noi dei sindacati continueremo a tenere per buona anche l’ipotesi della vendita e batterci per ribadire il nostro no. Siamo in una fase interlocutoria che ancora comunque ci preoccupa: è una partita che andrà ancora per le lunghe e che vede molti attori in campo e soprattutto ingenti finanze. Al di là dei dipendenti però perdere questo settore significa perdere una grande fetta di mercato: l’Italia si può permettere di non produrre più le armi di difesa, che poi dovrebbe comprare all’estero?".

Ha sottolineato Tivegna: "Come sistema paese possiamo imporci come leader e dobbiamo evitare l’ipotesi dello spacchettamento della divisione, che regge se rimane compatta".

L'ipotesi dello scorporamento dei settori, però, secondo Corbani meriterebbe un approfondimento: "Questa ipotesi di spacchettamento tra navale e terrestre non potrebbe agevolare italianità e territorialità?"

Su questo risponde Bronzi: "Secondo noi no: lo spacchettamento non può essere vantaggioso perchè essere un’unica azienda unifica le quattro linee di produzione e dividerle significa ricostruire tutto il resto dell’azienda perdendo tutti i vantaggi che ci sono stando insieme, come avere un unico ufficio amministrativo. L’opportunità può esserci guardando all’estero facendo alleanze e creando consorzi, ma con un’azienda unica di 1400 persone, quindi abbastanza grande per essere presentabile sul mercato".

In generale, sostiene Bronzi: "Le alternative alla vendita ci sarebbero, ma servirebbe un gruppo dirigente esperto disposto a fare investimenti, mentre l tendenza sembra essere quella di cedere definitamente lo scomparto difesa ed è questo lo scenario che preoccupa".

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