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A Sanremo le canzoni "parlano" al cuore In evidenza

di Ginevra Masciullo - Tanti i testi "impegnati", che affrontano argomenti come le guerre, i diritti delle donne, l'uguaglianza.

“Fuori la politica da Sanremo” o “Sanremo è sulla tv pubblica deve trattare certi argomenti”. Ogni anno quando inizia la settimana del Festival della Canzone Italiana i pareri si dividono: chi vorrebbe che la vita quotidiana e i suoi problemi restassero fuori dall’Ariston e chi invece crede che la musica abbia anche il dovere di veicolare messaggi.

Come sempre a farla da padrone sono le canzoni d’amore, amori finiti, amori ordinari e amori movimentati. Ma gli artisti, si sa, sentono la necessità di dire qualcosa e rimanere impermeabili agli stimoli esterni a volte è impossibile. La prima serata della settimana più attesa dell’anno è stata piuttosto sobria, con poche uscite stravaganti e, a parte qualche sketch un po’ fuori dalle righe, non ci sono stati grandi sconvolgimenti.
Negli anni scorsi anni ne abbiamo viste di tutti i colori: dalla rottura di Bugo e Morgan in diretta, passando per le rose distrutte da Blanco, senza dimenticare il bacio tra Rosa Chemical e Fedez che destò grande clamore. Questo martedì sera, o meglio notte visto l’orario di fine, non ci ha riservato sorprese esuberanti, ma sicuramente attraverso la musica ci ha fatto riflettere.

Sono diversi gli artisti che hanno scelto di parlare alle persone dall’alto del palco più ambito d’Italia, esprimendo opinioni che in molti definirebbero “politiche”. Non si tratta di partiti o di nomi di politici, ma di tematiche davanti alle quali gli artisti non sono riusciti a passare oltre.

Da “quello che le donne non dicono” del 1987 a quello che le donne dicono e cantano, Fiorella Mannoia, da sempre attiva per la parità di genere e contro la violenza sulle donne, porta sul palco “Mariposa” tradotto dallo spagnolo “Farfalla” un brano nel quale l’orgoglio femminile è protagonista. Troppo volte raccontate dagli uomini, accusate, svalutate le donne ritrovano se stesse nelle contraddizioni che caratterizzano ogni essere umano. “Sono la strega in cima al rogo, Una farfalla che imbraccia il fucile, Una regina senza trono” una serie di metafore che raccontano il mondo femminile e le criticità che le donne hanno vissuto e vivono diventando vittime di violenza, di pregiudizi, di accuse ingiuste e della privazione di potere e libertà negli ambiti più svariati. Fiorella Mannoia canta una donna che accetta la sua natura e che vuole il suo posto nel mondo non “come metà, ma come intero”. Una dichiarazione d’amore e di ribellione che racchiude in sé la voglia di essere soggetto e non oggetto di una narrazione troppo spesso esclusivamente maschile.

Un amore che non finisce mai, o meglio che mai dovrebbe finire: quello per se stessi, ma soprattutto se stesse. A cantarlo con tutta la sua forza rock è Loredana Bertè che con il brano “Pazza” dedica a se stessa un inno all’indipendenza e alla capacità di volersi bene. Loredana, capelli blu e abbigliamento grintoso, si racconta e si elogia, un amore sconfinato che non deve mai andare in secondo piano. Con “un cuore spremuto come un dentifricio e nella testa fuochi d’artificio adesso vado dritta ad ogni bivio” Loredana dice di conoscersi e di riconoscersi il merito di aver capito di essersi odiata abbastanza e di non aspettare più il perdono di nessuno. Un messaggio di crescita personale senza eguali. Loredana è la nonna di cui le bambine hanno bisogno quando non si sentono all’altezza, una maestra che ci insegna a credere in noi stesse e a ricordarsi che tanto il giudizio degli altri è volubile e non deve pesarci addosso come un macigno. “Prima ti dicono che sei pazza, poi ti fanno santa” un messaggio per tutte coloro che si fermano per la paura di quello che pensano gli altri. Amarsi prima di amare, un messaggio chiaro specialmente davanti ai fatti di violenza di cui sentiamo parlare quotidianamente.

È proprio quando si smette di amarsi che arriva il buio. I La Sad sono saliti sul palco in abito nero, con un gioiello argentato dal design particolare fatto a costole e capelli coloratissimi. Hanno cantato “Autodistruttivo” mettendo in note il racconto di tante situazioni difficili e la paura di non farcela. Una canzone che trasmette tanto e che potrebbe rispecchiare i momenti più oscuri della vita di tanti. Depressione, pensieri intrusivi, dipendenze e paure, la fragilità sotto ogni aspetto e che ci si para davanti quando una crepa diventa un burrone pronto ad inghiottire. Parlare di salute mentale sempre e comunque, anche attraverso la musica, affinché chi ha bisogno non si vergogni a chiedere aiuto. Alla fine dell’esibizione diversi cartelli non lasciano dubbi, sono le ultime parole di persone che hanno deciso di mettere la parola fine alla propria vita. Un’esibizione per certi aspetti stravagante che ha saputo portare in diretta nazionale un tema tutt’altro che leggero. Non dimentichiamo chi è maggiormente vulnerabile, nemmeno mentre si è in compagnia davanti alla televisione.

Ed è una lotta per la vita anche quella di chi vive in territori martoriati dalla guerra. Il cielo di Rino Gaetano era sempre più blu, ma il prato di Ghali è sempre più verde. Un prato verde che contrasta con il grigiore delle macerie. Il rapper di “Cara Italia” torna con “Casa Mia” un brano che ci ricorda la solidarietà tra i popoli e che ci vuole far mettere nei panni dell’altro “Sogni che si perdono in mare, Figli di un deserto lontano” come le persone che raggiungono le coste dell’Europa nella speranza di un domani migliore. Le righe più citate sui social?
“Ma, come fate a dire che qui è tutto normale
Per tracciare un confine
Con linee immaginarie bombardate un ospedale
Per un pezzo di terra o per un pezzo di pane
Non c’è mai pace”
Un chiaro riferimento al conflitto israelo-palestinese e sulle sue conseguenze su tanti civili che questa guerra non l’hanno voluta. Non c’è spazio per la discriminazione nel brano di Ghali, “casa mia, casa tua, che differenza c’è?” un invito a ritornare umani.

Note allegre che accompagnano un testo impegnato. Tra le luci colorate dell’Ariston Dargen D’Amico scende con un completo ricoperto di orsetti peluche, sembra una trovata giocosa, ma presto si capisce che non lo è. Dargen, con gli immancabili occhiali da sole, canta “Onda Alta” un brano che sembra adatto ad essere ballato, ma che ad un ascolto più attento rivela tutta la sua intensità.
Sta arrivando sta arrivando l’onda alta
Stiamo fermi, non si parla e non si salta
Senti il brivido
Ti ho deluso lo so
Siamo più dei salvagenti sulla barca
Sta arrivando sta arrivando l’onda alta
Non ci resta che pregare finché passa”
Parole che non possono non far pensare ai viaggi della speranza verso l’Europa partendo dalle coste africane. In rotta verso un futuro che chi viaggia spera possa essere migliore, senza la certezza di arrivare, ma bramando un frigo pieno. Dargen D’Amico una volta conclusa la canzone non si esime dal fare un appello alla pace “Il silenzio è corresponsabilità- afferma l’artista- Cessate il fuoco”. Soltanto alla fine capiamo il significato dei peluche, il simbolo del diritto a giocare e ad essere felici di cui vengono i privati i bambini sotto i bombardamenti e vittime innocenti di ogni guerra.
“Una guerra di cuscini, ma cuscini un po’ pesanti” pesanti come la situazione che vivono quotidianamente i civili coinvolti in guerra.

“Fuori la politica da Sanremo” ma possiamo levare le tematiche politiche, sociali e internazionali dall’arte?

 

 

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